Pseudonimo di
Hirsch Apfekbaum. Rivoluzionario e uomo politico sovietico. Nel 1901
aderì al Partito socialdemocratico russo. Vicino alle posizioni di Lenin,
nel 1903 si schierò con la corrente bolscevica. Tra i principali
organizzatori del partito a Pietroburgo, dal 1906 fece parte del Comitato
bolscevico di questa città. Arrestato nel 1906, venne rimesso in
libertà due anni dopo e abbandonò la Russia, rimanendo all'estero
sino al 1917. Divenuto uno dei più stretti collaboratori di Lenin, si
dedicò a un'intensa attività pubblicistica. Tra l'altro
polemizzò duramente con Rosa Luxemburg, accusandola di riporre fiducia
nello spontaneismo operaio. A partire dal 1914, propagandò la tesi
leninista della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile.
Rientrato in Russia dopo la Rivoluzione del febbraio 1917, fu particolarmente
attivo a Pietroburgo e con la sua oratoria travolgente contribuì
notevolmente ad accendere la fiamma della lotta di classe. Favorevole alla
collaborazione con i menscevichi e con il Governo provvisorio, si oppose sia
alla Rivoluzione bolscevica di luglio sia a quella di ottobre, votando contro,
insieme con Kamenev, nella riunione dell'esecutivo bolscevico del 10 ottobre
1917 e continuando ad opporsi sino all'ultimo alla decisione della maggioranza.
Dopo la vittoria della Rivoluzione divenne comunque uno dei massimi dirigenti
del nuovo Stato sovietico, leader dei comunisti di Pietroburgo e segretario del
Comitato esecutivo dell'Internazionale comunista dal 1919 al 1926. Dopo la morte
di Lenin, insieme con Kamenev, fu dapprima utilizzato da Stalin per
neutralizzare Trotzkij, poi esautorato, in seguito alla rottura del dicembre
1925 (XIV Congresso). Perduto il controllo dell'organizzazione a Pietrogrado,
l'anno seguente dovette lasciare la presidenza dell'Internazionale. Nell'ottobre
del 1927 fu escluso dal Comitato centrale del partito e quindi espulso dal
partito stesso insieme con Trotzkij e Kamenev. Con un gesto tipico del suo
carattere, accettò di sottomettersi a un'ampia autocritica e fu
riammesso. Nuovamente espulso nell'ottobre del 1932, venne esiliato per alcuni
mesi in Siberia, ma nel maggio 1933 fu ancora una volta riammesso. Il suo
destino era tuttavia ormai segnato e nel gennaio 1935 accusato di
complicità morale nell'assassinio di S.M. Kirov, segretario del partito a
Leningrado, fu processato insieme con Kamenev da un tribunale segreto che lo
condannò a dieci anni di carcere. Nell'agosto del 1936, sempre insieme a
Kamenev, venne processato pubblicamente, ammettendo tutte le accuse mossegli,
ossia di aver costituito nel 1932 un "blocco" con i trotzkisti, di
aver cospirato contro Stalin e di aver organizzato l'uccisione di Kirov.
Condannato a morte per spionaggio e alto tradimento, venne giustiziato
(Elisavetgrad, od. Kirovograd 1883 - Mosca 1936).